Giurisprudenza del lavoro

Giurisprudenza del lavoro

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martedì 27 dicembre 2022

Il certificato medico tardivo giustifica comunque l’assenza

Corte di Cassazione. Ordinanza n. 33134/2022

 

Secondo la Cassazione, non si ha assenza ingiustificata se il lavoratore consegna il certificato medico di malattia, a fronte di un’assenza protrattasi per sette giorni ininterrottamente, solo dopo aver ricevuto la contestazione disciplinare. Non è rilevante che per un’intera settimana il dipendente sia rimasto assente senza consegnare una giustificazione ed è parimenti irrilevante che il certificato medico attesti retroattivamente uno stato di malattia iniziato più di una settimana prima.

 

Lavoro straordinario per il personale direttivo

Tribunale di Firenze 13 luglio 2022

 

I funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina delle limitazioni dell'orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario qualora la prestazione, per la sua durata, superi il limite della ragionevolezza e sia particolarmente gravosa ed usurante, in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell'integrità psicofisica. In simile eventualità il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno biologico, qualora sia provato il nesso di causalità tra il lavoro usurante e le affezioni psicologiche da esso scaturenti.

La vicenda esaminata dalla sentenza in commento riguarda la posizione di un quadro, il quale rivendica il superamento dei criteri di ragionevolezza nell’espletamento del proprio lavoro, in ragione di un supplemento di ben 60 ore mensili. Il lavoratore reclama il diritto al compenso per le ore di lavoro straordinario che, per la particolare gravosità e la natura usurante della prestazione lavorativa, eccedono il limite della ragionevolezza, come enunciato dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità.

 

In caso di licenziamento individuale, rispetto dell’obbligo di repêchage e verifica della possibile riqualificazione del lavoratore.

Tribunale di Lecco. Sentenza n. 159, del 31 ottobre 2022

 

La sentenza del Tribunale di Lecco ha affermato che la prova della sopravvenuta inutilità del lavoratore non può arrestarsi alla mera impossibilità del repêchage ma il datore di lavoro è tenuto ad accertare che non sia possibile sottoporre il lavoratore ad un percorso di aggiornamento professionale che lo renda nuovamente idoneo alle mansioni per le quali era stato assunto.