Come si adempiono gli obblighi informativi in sede di assunzione
Il primo elemento importante si trova nella premessa della circolare dove si ribadisce che le informazioni possono essere fornite anche con un rinvio al contratto collettivo o ai documenti aziendali che però devono essere consegnati o messi a disposizione del lavoratore secondo le prassi aziendali.
Per il Ministero l’obbligo informativo può essere assolto
- non con l’astratto richiamo delle norme di legge che regolano gli istituti oggetto dell’informativa,
- ma solo attraverso la comunicazione di come tali istituti, nel concreto, si attuano, nei limiti consentiti dalla legge, nel rapporto tra le parti, anche attraverso il richiamo della contrattazione collettiva applicabile al rapporto di lavoro.
In definitiva ci sembra che il datore di lavoro, in caso di assunzione, ai fini delle informazioni obbligatorie del nuovo art. 1 del dlgs 152/97, abbia solo due soluzioni:
- Una lettera di assunzione “tradizionale” che per la disciplina di dettaglio degli istituti rinvii alle norme di legge, al contratto collettivo applicato e ai documenti aziendali a patto che questi vengano messi a disposizione del lavoratore (in forma cartacea o digitale);
- Una lettera di assunzione che contenga la disciplina di dettaglio anche attraverso l’allegazione di un una scheda tecnica che riporti la regolamentazione degli istituti (di legge e di contratto) richiesti dal decreto Trasparenza.
Relativamente alla prima delle soluzioni proposte, è da rilevare che il Ministero del Lavoro a partire dal 30 settembre scorso, ha predisposto una nuova area “Norme e contratti collettivi“, al fine di rendere disponibili le principali disposizioni normative e dei contratti collettivi applicabili ai rapporti di lavoro del settore privato. La pagina prevede due rimandi con link:
- al sito normattiva.it, per la visione delle principali normative in materia di lavoro,
- al sito del CNEL, per quanto riguarda la lettura dei contratti collettivi nazionali di lavoro
Così facendo, il Ministero adempie il compito assegnatogli dall’articolo 4, comma 6, del decreto Trasparenza.
Dal canto suo il datore di lavoro con il rinvio alle due banche dati può considerare adempiuto il suo obbligo di garantire l’informazione di dettaglio postagli in carico dal Decreto Trasparenza ma, aggiungiamo, solo se per ogni istituto contrattuale viene, nella lettera di assunzione, fatto un preciso rinvio agli articoli di legge e di ccnl a cui il lavoratore può fare riferimento.
Alcuni specifici obblighi informativi
La circolare ministeriali si sofferma con chiarimenti su alcuni obblighi informativi.
- Congedi
In merito alla locuzione “…nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore”, il Ministero adotta una interpretazione restrittiva. Tenuto conto della formulazione letterale della disposizione - che evidentemente ha voluto prevedere l’informativa solo in relazione alle forme di astensione temporanea maggiormente incidenti sul rapporto di lavoro - si ritiene che l’obbligo di informazione per il datore di lavoro riguardi solo quelle astensioni espressamente qualificate dal legislatore come “congedo”. Quindi è possibile escludere l’istituto dei permessi nelle sue varie forme (R.O.L., ex festività, ecc.).
Nell’elenco dei congedi previsti dalla legge si devono indicare:
- congedi di maternità e paternità, congedo parentale e congedo straordinario per assistenza a persone disabili, secondo la disciplina di cui al d.lgs. n. 151/2001;
- congedo per cure per gli invalidi, secondo la disciplina di cui all’articolo 7 del d.lgs. n. 119/2011;
- congedo per le donne vittime di violenza di genere secondo la disciplina di cui all’articolo 24 del d.lgs. n. 80/2015.
Il datore di lavoro dovrà comunque tener conto anche della disciplina contrattuale.
- Retribuzione (elementi variabili e welfare aziendale)
La Circolare prevede che per quanto riguarda gli elementi che costituiscono la retribuzione
- siano indicate tutte quelle componenti della retribuzione di cui sia oggettivamente possibile la determinazione al momento dell’assunzione, secondo la disciplina di legge e di contratto collettivo.
- l’importo degli elementi variabili della retribuzione (ad esempio, il premio di risultato) non deve essere indicato ma devono però essere comunicati i criteri in base a quali tali elementi variabili saranno riconosciuti e corrisposti. Questa precisazione impone che la comunicazione includa le parti dell’accordo integrativo aziendale relative al premio di risultato o allegando lo stesso integrativo.
- le eventuali misure di welfare aziendale o il buono pasto, non rientrando ordinariamente nell’assetto retributivo, non sono oggetto dell’informativa, salvo che non siano previste dalla contrattazione collettiva o dalle prassi aziendali come componenti dell’assetto retributivo. Con questa interpretazione il welfare derivante dal ccnl deve essere senz’altro comunicato, ma a questo punto forse è il caso di generalizzare la comunicazione a tutte le forme di welfare.
- Orario di lavoro programmato
Per quanto riguarda l’orario di lavoro:
- Le informazioni devono riguardare, più che la generale disciplina legale, soprattutto i riferimenti al contratto collettivo nazionale e agli eventuali accordi aziendali che regolano il tema dell’orario nel luogo di lavoro.
Deve essere quindi indicata la concreta articolazione dell’orario di lavoro applicata al dipendente, le condizioni dei cambiamenti di turno, le modalità e i limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa retribuzione.
- In caso di variazioni dell’orario di lavoro intervenute successivamente all’assunzione, il Ministero prospetta una soluzione meno rigida di quella che taluni autori avevano prospettato: l’informativa si rende necessaria solo in presenza di modifiche che incidono sull’orario di lavoro in via strutturale o per un arco temporale significativo, fermo restando il rispetto della legge e del contratto collettivo soggettivamente applicabile al rapporto di lavoro.
- Nelle ipotesi di lavoro a turni e di lavoro multi-periodale (l’organizzazione del lavoro su un lungo periodo in cui si intervallano, compensandosi, settimane con orario superiore o inferiore all’orario di lavoro normale) la soluzione prospettata è più semplice di quella individuata per il part-time: in tali casi sarà sufficiente indicare che il lavoratore viene inserito in detta articolazione oraria e rendere note le modalità con cui allo stesso saranno fornite informazioni in materia.
- Previdenza e assistenza
Il nuovo obbligo di informazione riguarda sia gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi sia “qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso”. Quindi il datore di lavoro è tenuto, anche alla luce della specificità della contrattazione collettiva applicabile al rapporto, a informare il lavoratore, ad esempio, sulla possibilità di aderire a fondi di previdenza integrativa aziendali o settoriali.
Durata massima del periodo di prova nei contratti a termine
Come ormai noto, l’articolo 7 del Dlgs 104, oltre a definire la durata massima del periodo di prova, prevede anche che, in caso di contratto a termine, sia stabilito in misura proporzionale
- alla durata del contratto e
- alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell'impiego.
La proporzionalità alle mansioni può essere risolta dalle previsioni contrattuali che individuano un periodo di prova differenziato per livello.
In merito alla proporzionalità alla durata, ad oggi sono stati molti gli interventi sulla stampa specializzata, mentre la circolare ministeriale non ha dato i chiarimenti sperati. Ricordiamo che, sempre a norma del citato art. 7, la durata del periodo di prova è demandata alla contrattazione collettiva (l’articolo non precisa quale e non cita l’articolo 51 del Dlgs 81/2015).
Possiamo qui riportare solo quanto alcuni esperti hanno proposto negli articoli apparsi sulle riviste specializzate. Le indicazioni sono:
- In linea generale un contratto a termine della durata di almeno 12 mesi viene, dal punto di vista della prova, parificato ad un contratto a tempo indeterminato. Conseguentemente il periodo di prova per un contratto a termine di durata inferiore a 12 mesi può essere ottenuto moltiplicando la durata del periodo di prova previsto nel Ccnl in base all’inquadramento per la durata in giorni dello stesso contratto a termine e dividendo per 365;
Esempio
Ipotizzando l’assunzione a tempo determinato per 3 mesi di un lavoratore al livello C2 del ccnl cooperative sociali (periodo di prova 45 giorni), avremo questa proporzione:
12 mesi : 45 giorni = 3 mesi : x. Il periodo di prova sarà, di conseguenza, di 11,25, arrotondati a 11 giorni.
- In caso di applicazione del periodo di prova è importante adottare il principio di trasparenza specificando chiaramente al lavoratore quale criterio è stato utilizzato per il calcolo della durata del periodo stesso.
Una possibile formula da adottare nella lettera di assunzione: “Trattandosi di un contratto a termine il periodo di prova è stato fissato proporzionalmente alla durata massima del contratto, entro i limiti previsti ex lege, e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. Il periodo di prova previsto dal ccnl è stato riproporzionato con questa formula: periodo di prova da ccnl :12 X mesi del suo rapporto di lavoro”.
L’applicazione meccanica della formula indicata al precedente punto 1 può portare però anche a situazioni indesiderate.
Si pensi ad esempio al caso di un contratto a TD di 1 mese e a un periodo di prova da ccnl di 30 giorni: il periodo di prova effettivo sarebbe di 2,5 giorni!
Un altro esempio estremo è quello del ccnl per le cooperative di trasformazione prodotti agricoli che prevede, per gli operai di 6° livello, un periodo di prova di 12 giorni. Significa che un OTD assunto per un mese dovrebbe essere valutato, ai fini della prova, nell’arco di una sola giornata.
Si può quindi pensare di un introdurre un correttivo alla formula base ad esempio prevedendo
- un numero minimo di giornate - “il periodo di prova non potrà comunque essere inferiore a … giornate”
- un periodo di prova non inferiore a una percentuale del periodo da ccnl – “il periodo di prova non potrà essere comunque inferiore all’..% del periodo di prova previsto dal ccnl”;
- un periodo di prova composto da una percentuale del periodo da ccnl + una parte derivante dalla proporzione base.
In conclusione ogni datore di lavoro può sviluppare un proprio metodo. Riteniamo però necessario che sia mantenuto omogeneo, salvo nuove disposizioni di legge o di contratto, e sia esplicitato nella lettera di assunzione.