Nella cooperativa di lavoro, “il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore e distinto rapporto di lavoro”, con cui contribuisce a realizzarne gli scopi sociali.
Come precisato dall’Autorità competente[1], se nel corso degli esercizi risulta che alla conclusione di successivi contratti d’appalto la cooperativa abbia reiteratamente deliberato l’esclusione dei soci lavoratori ivi impiegati, oppure, se questa abbia reiteratamente ammesso nuovi soci, da impiegare al lavoro, esclusivamente in considerazione dell’aggiudicazione di nuovi contratti d’appalto, si configurerebbe “un rapporto societario a tempo, sottratto alla volontà negoziale del socio”.
Appare chiaro che la cooperativa deve assicurare ai propri soci lavoratori le medesime tutele riconosciute dalla legislazione vigente alla generalità dei lavoratori, pur in considerazione del fatto che la disciplina speciale, con riferimento al socio lavoratore, ammetta l’instaurazione di un legame giuridico duplice - associativo e lavorativo - di dipendenza organica, ove, come risaputo, il primo prevale ineluttabilmente sul secondo[2].
Questo non succedeva prima della revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore; né i principi culturali e solidaristici dell’epoca inducevano il Legislatore a ritenere d’importanza cruciale la necessità d’affermare la preminenza del legame giuridico di tipo associativo su quello mutualistico di lavoro. Anzi, la giustificazione sociale della cooperazione di lavoro era ritenuta sufficiente per motivarne la coesistenza, indifferenziata, di legami contrattuali a valenza associativa e mutualistica.
Poi, l’intervento correttivo apportato alla L. 142/2001, dall’articolo 9, L. 30/2003, stabilì, invece, che detti legami contrattuali non avrebbero più dovuto cadere in confusione, con l’effetto di mescolare i diritti e le tutele del socio cooperatore e del socio lavoratore, ai quali, piuttosto, è la Costituzione stessa a conferire identità univoche.
Da quel momento il perimetro delle competenze giurisdizionali in materia di rapporti tra soci e cooperativa è stato reso più definito, nonché i presupposti della disciplina statutaria e regolamentare, concernente le causali di recesso, di esclusione o di decadenza del socio, sono stati resi più chiari.
Pur tuttavia, la legislazione riformata in materia cooperativistica, con riferimento alla posizione del socio lavoratore, pur avendo prevista la risoluzione automatica del legame mutualistico di lavoro alla cessazione del legame associativo, indipendentemente dalle sue cause (recesso o esclusione del socio lavoratore), non dispone con chiarezza l’ipotesi in cui dovesse verificarsi l’ipotesi contraria, di risoluzione del legame mutualistico di lavoro prima della risoluzione del legame associativo.
Quindi, l’Autorità competente, nella nota del 14 gennaio 2020, n. prot. 5457/2020, ha ritenuto di precisare il principio generale secondo cui l’esclusione immediata del socio, a seguito di cessazione del rapporto di lavoro, non è legittima; a meno che la cessazione del legame associativo sia giustificata da motivi di carattere soggettivo, nonché da circostanze tali da palesare l’impossibilità di ripristinare il rapporto lavorativo con il socio in tempi congrui. Con questo, la cooperativa deve verificare con attenzione lo statuto e/o il regolamento ex L. 142/2001, poiché potrebbe emergere la necessità di “espungere”, dallo statuto e/o dal regolamento ex L. 142/2la previsione “dell’automatica esclusione del socio in ragione della cessazione del rapporto di lavoro per qualsiasi ragione o causa non riconducibile a inadempimento o colpa del socio”.
La ratio di questa posizione, implicita nello scopo mutualistico delle cooperative di lavoro, che si ricava dalla disciplina generale e speciale, è fondata, proprio, sul concetto che si deve stabilire con il socio “un ulteriore e distinto rapporto di lavoro”, anche “successivamente all'instaurazione del rapporto associativo”; a condizione, ovviamente, che questi sia dotato dei requisiti che ne giustifichino la continuazione del legame associativo, nell’ipotesi in cui quello lavorativo, sebbene cessato per motivi di carattere oggettivo, possa ragionevolmente riprendersi.
In pratica, afferma l’Autorità competente, i casi in cui l’esclusione immediata del socio, contestuale alla cessazione del rapporto di lavoro, è pienamente giustificata sono: il licenziamento del socio per giusta causa o giustificato motivo soggettivo; il mancato superamento del relativo periodo di prova; impedimenti variamente collegati alle relative obbligazioni contrattuali di lavoro; l’applicazione della c.d. clausola sociale, per cui, se l’impresa cooperativa perde l’appalto, ne consegue l’assunzione del socio presso un diverso datore di lavoro; le dimissioni del socio, significando il suo disinteresse alla prosecuzione del legame di scambio mutualistico.
Continua, l’Autorità competente: “la condizione di reiterata inattività del socio, qualora dipenda da cause oggettive, di impossibilità della cooperativa di offrire occasioni di lavoro” legittima l’organismo di amministrazione all’esclusione; cita, a titolo di esempio, la riduzione non temporanea dell’attività e/o dei settori d’intervento della cooperativa, oppure l’inutile tentativo della cooperativa di reperire nuovi appalti e nuove commesse di lavoro, con l’intento dichiarato di affidarne, ovviamente, l’esecuzione esclusivamente ai soci. Di tale decisione deve comunque essere fornita adeguata e comprovata motivazione, documentando le ragioni nella Nota integrativa del bilancio d’esercizio, nonchè nelle relazioni di competenza.
L’Autorità competente specifica, però - diversamente dalla ridetta ipotesi di cessazione del rapporto lavorativo, che, dipendente da motivi soggettivi, giustifica invece l’esclusione immediata e contestuale del socio - che la cessazione del rapporto lavorativo per motivi dipendenti da cause oggettive non priva automaticamente di significato il legame associativo; che, anzi, deve proseguire, sebbene non indefinitamente, nel tentativo di consentire, in ossequio allo scopo mutualistico, “la ricerca da parte della cooperativa di nuove commesse e occasioni di lavoro”, allo scopo di reimpiegare i soci temporaneamente inattivi.
Detta “ricerca” deve continuare sino all’“approvazione del bilancio relativo all’esercizio nel corso del quale si è verificata la cessazione del rapporto lavorativo”, in modo da consentire ai soci, dei quali sarà stato eventualmente sperimentato il vano tentativo di reimpiego, di esercitare legittimamente, in quella sede, i diritti, amministrativi e patrimoniali connessi al contributo lavorativo prestato all’attività d’impresa, durante il periodo in cui hanno potuto a concorrervi.
Diversamente, nel caso in cui la cessazione del legame associativo sia correlata a una procedura di licenziamento collettivo - ad esempio, causata da crisi, ristrutturazione aziendale, conclusione dell’attività successivamente all’accordo sindacale – il CdA della cooperativa è autorizzato a escludere i soci inattivi, “anche prima dell’approvazione del bilancio dell’esercizio durante il quale sono stati licenziati ma comunque dopo un periodo di 6 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro”.
In relazione a entrambe le suddette ipotesi di esclusione del socio, conseguente a cessazione del rapporto di lavoro - indipendentemente dalle relative cause, soggettive o oggettive – “in ragione dell’unilateralità del provvedimento, le motivazioni delle esclusioni dovranno in ogni caso essere sempre esplicitate nella relativa determina dell’organo amministrativo e comunicate al socio nella notifica del provvedimento con le modalità previste dallo statuto, anche ai fini della possibilità per l’interessato di proporre opposizione nelle sedi opportune”.