Come risaputo, ai sensi dell’articolo 2522, cod. civ., per costituire una società cooperativa è richiesta la partecipazione di almeno nove soci. Nonostante ciò, può essere costituita una società cooperativa da almeno tre soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata; nel caso di attività agricola possono essere soci anche le società semplici.
Benché necessaria, detta qualifica numerica non è però sufficiente ad attribuire piena rappresentatività alla base associativa della cooperativa; ineluttabilmente, i propri componenti devono risultare, altresì, provvisti di requisiti mutualistici conformi allo schema legale[1].
In buona sostanza, i soci, di cui l’impresa cooperativa giustifichi appieno l’appartenenza alla propria base associativa, devono possedere requisiti coerenti allo scopo mutualistico e all’oggetto sociale.
Invero, la società disciplinata dalle norme sulle cooperative deve svolgere la propria attività con il coinvolgimento dei soci cooperatori - conferenti, lavoratori, fruitori - con i quali instaura i noti legami di scambio mutualistico enunciati dal codice civile (articoli 2512 e 2513). Eventualmente, i predetti soci possono essere collocati nella categoria “speciale”, temporaneamente e alle condizioni previste dalla legge.
Non guasta precisare che il legislatore disciplina, nondimeno, casi particolari, in cui la cooperativa può attivare con i soci un legame mutualistico “non tradizionale”; non quantificato ai sensi dei richiamati articoli 2512 e 2513, cod. civ.. Succede per i soci volontari[2] di cooperativa sociale, nonchè per i soci finanziatori e i soci sovventori[3] di cooperativa.
Il legislatore disciplina, inoltre, i soci tecnici e i soci amministrativi[4]; il compenso da questi percepito per il lavoro ordinariamente svolto in funzione degli scopi mutualistici, tuttavia, ne qualifica lo scambio, valutato con criteri tradizionali (voce B.7CE e/o B.9CE).
Laddove, poi, la gestione tecnico-amministrativa della cooperativa medio-grande richieda l’intervento del socio munito di deleghe speciali conferite dal CdA - che, fra l’altro, ne suppongono l’indennità di funzione - qualora il ruolo specialistico e il ruolo tradizionale (per esempio di lavoratore) - risultassero accentrati, è necessario separarne i costi, distinguendo quelli convenuti per l’attività, caratteristica, di lavoratore, da quelli convenuti per l’attività di consigliere d’amministrazione incaricato per gli adempimenti specialistici; verosimilmente, anche il costo del lavoro svolto in relazione a questi ultimi può essere compreso, eccezionalmente, nel computo della mutualità, ai sensi degli articoli 2512 e 2513, cod. civ..
In conclusione, la partecipazione del socio alle vicende societarie e allo scambio mutualistico, nonché l’esercizio da parte del socio dei diritti amministrativi e patrimoniali, nonchè il contributo dato dal socio al perseguimento degli scopi mutualistici d’impresa, è legittimo soltanto se è riferito, esclusivamente, ai casi appena scorsi in rassegna.
Ulteriormente, i soci cooperatori di cooperativa - o le persone indicate dai soci cooperatori muniti di personalità giuridica - devono, ai sensi dell’articolo 2542, cod. civ., rappresentare la maggioranza dei componenti il Consiglio di Amministrazione. Appare chiaro che i soci, per conferire piena rappresentatività all’Organismo di amministrazione, che contribuiscono a formare per la maggioranza, devono risultare, altresì, provvisti di requisiti mutualistici conformi allo schema legale.
Per fare solo qualche esempio, non può diventare socio della cooperativa edilizia di abitazione[5] chi non è idoneo per assumere la qualificazione di prenotatario dell’alloggio da assegnare; per cui, non può nemmeno costituirne la maggioranza del CdA, ai sensi del richiamato articolo 2542, cod. civ..
Analogamente, per esempio, non può diventare socio della cooperativa agricola chi non è qualificato per conferirvi il prodotto; né, tantomeno, è legittimato a costituirne la maggioranza del CdA, ai sensi del richiamato articolo 2542, cod. civ..
Allo stesso modo, per esempio, non è legittimato a costituire la maggioranza del CdA della cooperativa di produzione lavoro - o della cooperativa sociale e di lavoro - chi non vi è legato da “un ulteriore e distinto rapporto di lavoro”, costituito anche “successivamente all'instaurazione del rapporto associativo”.
Ne consegue chiaramente come, in questi termini, la rappresentatività del CdA può risultare compromessa, a monte, dall’intangibilità anche solo parziale della base sociale; con effetti pratici ben immaginabili.
[1] Direzione generale vigilanza sugli enti cooperativi, nota n. prot. 5457/2020, 14 gennaio 2020
[2] Articolo 2, L. 381/91
[3] Articoli 4 e 5, L. 59/1992
[4] Articolo 23, L. 1577/1947