Il ristorno è un istituto tipico delle società cooperative. In buona sostanza, ne rappresenta economicamente il vantaggio mutualistico conseguito dal socio partecipante all’attività d’impresa. (vedasi anche la Circolare Agenzia delle Entrate, n. 35/E/2008).
Nella fattispecie, ai sensi dell’articolo 2545-sexies cod. civ., l’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci, proporzionalmente alla quantità e alla qualità degli scambi mutualistici; in ragione di ciò, le cooperative devono, fra l’altro, riportare separatamente nel bilancio d’esercizio i dati relativi all’attività svolta con i soci - secondo i criteri disposti dagli articoli 2512 e 2513 cod. civ. - nonché, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche. Spetta, poi, all’assemblea dei soci, se ritiene di accogliere la proposta del Consiglio di Amministrazione, deliberarne la ripartizione.
La tecnica di ripartizione del ristorno si concretizza di regola in un risparmio di spesa per i soci, nell’ipotesi in cui hanno acquistato i prodotti o i servizi della cooperativa di utenza o consumo; ovvero, nell’integrazione della remunerazione percepita dai soci, che hanno conferito il prodotto alla cooperativa agricola; ovvero, nell’integrazione della remunerazione o del compenso percepiti dai soci lavoratori della cooperativa di produzione lavoro o della cooperativa sociale e di lavoro.
In alternativa, il ristorno può essere concretizzato nell’aumento proporzionale delle quote di capitale sottoscritte dai soci, o nella emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2525 cod. civ., ovvero con emissione di strumenti finanziari.
Per altro verso, i ristorni sono fiscalmente deducibili dal reddito imponibile della cooperativa, ai sensi dell’articolo 12, D.P.R. 601/1973 (recante “Disciplina delle agevolazioni tributarie”), sia che le somme corrispondenti siano “ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati”, sia che queste siano state “imputate ad incremento delle quote sociali”.
Mentre, con specifico riferimento alla tassazione prevista in capo ai soci percipienti, qualora i ristorni siano stati distribuiti per mezzo di aumento del capitale sociale, si applica in linea generale il regime di “sospensione d’imposta” introdotto dall’articolo 6, comma 2, D.L. 63/2002 (recante “Disposizioni in materia di progressivo adeguamento ai principi comunitari del regime tributario delle società cooperative”), in base al quale, in pratica, “le somme (…) destinate ad aumento del capitale sociale non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e il valore della produzione netta dei soci. Le stesse somme, se imponibili al momento della loro attribuzione, sono soggette ad imposta secondo la disciplina dell’articolo 7, comma 3, della legge 31 gennaio 1992, n. 59”, con conseguente applicazione della ritenuta a titolo di imposta secondo l’aliquota vigente.
Si ricorderà che il ridetto D.L. 63/2002, convertito in Legge 112/2002, aveva attenuato il carico fiscale del ristorno, portato al 12,5 per cento in luogo del 20 per cento. Successivamente, dal 1° gennaio 2012, la ritenuta sul ristorno, destinato ad aumento del capitale sociale e successivamente rimborsato al socio, è stata elevata di nuovo; prima al 20 per cento, poi al 26 per cento.
I commi 42 e 43 dell’articolo 1, L. 178/2020 (legge di bilancio 2021), sono intervenuti sull’articolo 6, comma 2, D.L. 63/2002, apportando alcune modifiche al regime fiscale dei ristorni attribuiti ai soci di società cooperative.
In particolare, il comma 42 prevede la facoltà per la cooperativa di applicare, sin da subito, previa deliberazione dell’assemblea dei soci, la ritenuta del 12,50 per cento a titolo d’imposta (in luogo di quella ordinaria al 26 per cento) sul ristorno che attribuisce a questi ad aumento del capitale sociale. La cooperativa effettua, quindi, il versamento della ritenuta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di scadenza del trimestre solare in cui l’assemblea ha deliberato. Il medesimo comma 42 precisa, altresì, che tra i soci persone fisiche non sono intesi gli imprenditori di cui all’articolo 65, comma 1, Tuir, né i detentori di partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del Testo unico.
Il comma 43, invece, stabilisce inoltre che la ritenuta del 12,50 per cento può essere applicata con i medesimi termini e modalità alle somme attribuite ad aumento del capitale sociale, benchè deliberate anteriormente al 1° gennaio 2021 (data di entrata in vigore della L. 178/2020), in luogo della predetta tassazione ordinariamente prevista, senza eccezioni, dalla previgente normativa.