Giurisprudenza del lavoro

Giurisprudenza del lavoro

Licenziamento del lavoratore che naviga sul web causando danni all’azienda

lunedì 11 ottobre 2021

L’azienda che subisce un pesante attacco informatico e sia costretta a pagare un riscatto per recuperare i dati sottratti può licenziare il dipendente che ha navigato ripetutamente su siti non sicuri per fini privati mettendo a rischio la sicurezza interna. Lo ha precisato il Tribunale di Venezia che ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa da un’agenzia marittima nei confronti di dipendente che aveva effettuato numerosi accessi a siti e form personali durante l’orario di lavoro.

La sentenza ribadisce che l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, così come modificato dall’articolo 23 del Dlgs 151/2015, attuativo del cosiddetto Jobs Act e integrato successivamente dal Dlgs 185/2016 consente al datore di lavoro di effettuare controlli su tutti i dispositivi informatici in uso ai dipendenti a condizione che sia data adeguata informativa al dipendente.

Il licenziamento era avvenuto dopo l’esito del controllo effettuato da un consulente informatico e da un’agenzia di investigazioni in base al quale era emerso che il dipendente, aveva visitato siti di prenotazione viaggi, spettacoli e anche chat di incontri per adulti oltre a siti pornografici.

Da sottolineare che l’azienda aveva portato a conoscenza le policy aziendali tramite affissioni in un espositore accanto al distributore del caffè e in un’apposita cartella del server aziendale accessibile a tutti i lavoratori.

 

Frasi sgradevoli in chat aziendale: licenziamento illegittimo se manca la preventiva comunicazione sui controlli dei pc

Corte di Cassazione. Sentenza n. 25731 del 22 settembre 2021

 

La Corte di Cassazione ha affermato che il datore di lavoro non può utilizzare, ai fini del recesso, la conversazione di un dipendente che nella chat aziendale, parla male dei superiori e dei colleghi, se prima non ha comunicato al lavoratore, ai sensi dell’articolo 4, della legge n. 300/1970, che è possibile fare verifiche tecniche sul pc aziendale.

 

Presunzione di onerosità della prestazione di lavoro

Corte di Cassazione. Ordinanza n. 23143 del 19 agosto 2021

 

La Corte di Cassazione ha affermato cheè pacifico che ogni attività oggettivamente configurabile come di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, salva la prova che la stessa sia caratterizzata da gratuità”. Quest’ultima “deve consistere nell’accertamento di particolari circostanze che giustifichino la causa gratuita senza che sia sufficiente la semplice dimostrazione che il lavoratore si riprometta di ricavare dalla prestazione gratuita un vantaggio futuro e non pecuniario”.