Nell'ambito del settore cooperativo, il ristorno è stato sempre utilizzato quale modalità tipica di distribuzione dell'eccedenza dei ricavi rispetto ai costi derivanti dalla gestione mutualistica.
L'avanzo mutualistico della gestione infatti, ove presente, può essere erogato ai soci tramite lo strumento del ristorno nel rispetto delle regole di cui all'art. 2545-sexies C.C. Prima della legge di Bilancio 2021, la disciplina fiscale del ristorno era dettata sostanzialmente dall'art. 6 D.L. 63/2002 con vari documenti di prassi dell'Agenzia delle Entrate utili a chiarire che la fiscalità dei ristorni in capo ai soci è direttamente correlata al trattamento fiscale applicabile alle operazioni sottostanti al rapporto di scambio mutualistico. Il quadro era il seguente:
i ristorni a soci persone fisiche non lavoratori o non imprenditori o autonomi, in generale, non erano assoggettati a tassazione (salvo specificità quali quelle collegabili, ad esempio, ai soci di cooperative bancarie e ai ristorni attuati tramite piani di aumento di capitale per i quali valgono le regole generali esposte in seguito);
i ristorni che consistono in un maggior compenso per il lavoro prestato o in una maggiore remunerazione del servizio o del bene conferito o in un minore costo del servizio o bene ceduto al socio, invece, erano assoggettati a tassazione con i seguenti criteri generali:
integrazione della retribuzione del socio lavoratore (coop. produzione e lavoro): il ristorno a titolo di reddito integrato era tassato ordinariamente nella busta paga del socio;
restituzione a fronte di un maggior compenso per i servizi e conferimenti effettuati (coop. di servizio e di conferimento): il ristorno era assoggettato a tassazione in capo al socio quale maggior ricavo di impresa o di lavoro autonomo;
Nei casi in cui il ristorno a soci lavoratori e soci conferenti di beni e servizi fosse ottenuto tramite aumento del capitale sociale, non concorreva alla formazione del reddito del socio in quel momento, attuandosi sostanzialmente una sospensione di imposta che implicava l'applicazione di una ritenuta del 26% all'atto della distribuzione futura al socio.
È proprio su questo ultimo punto che interviene la legge di Bilancio 2021 (L. 178/2020), con i cc. 42 e 43, integrando l'art. 6, c. 2 D.L. 63/2002. Viene sancito infatti che per le somme attribuite ad aumento del capitale sociale nei confronti di soci persone fisiche, la cooperativa ha facoltà di applicare, previa deliberazione assembleare, la ritenuta a titolo d'imposta del 12,50% all'atto dell'attribuzione a capitale sociale. Viene poi chiarito che tra i soci persone fisiche non sono compresi gli imprenditori, né i detentori di partecipazione qualificata.
La nuova modalità di tassazione, molto favorevole e pensata per indurre la patrimonializzazione delle società cooperative, sembra quindi avere queste peculiarità:
è facoltativa;
i ristorni devono essere erogati sulla base di un'apposita deliberazione assembleare e a soci persone fisiche, non imprenditori e non detentori di partecipazione qualificata;
- la tassazione scende dal 26% al 12,50%, ma il versamento è anticipato all'atto dell'attribuzione e non più all'atto della distribuzione;
è applicabile solo ai ristorni attribuiti ai soci mediante aumento del capitale sociale e non tramite altre modalità;
la ritenuta del 12,50% è da versare entro il 16 del mese successivo a quello di riferimento del trimestre solare in cui è stata adottata la deliberazione assembleare;
è applicabile anche alle somme attribuite ad aumento del capitale sociale deliberate prima della data di entrata in vigore della legge di Bilancio 2021.
Più di un dubbio rimane in merito al momento di rivalsa della cooperativa sul socio con riferimento all'onere sostenuto per il versamento della ritenuta. Se la rivalsa è esercitata subito, i soci dovranno anticipare la tassazione per somme non ancora percepite. In caso contrario, l'anticipazione rimarrà iscritta nel bilancio della cooperativa fino all'atto della rivalsa, connessa alla fase di recesso o esclusione.