Vanno risarciti i dipendenti che hanno pagato di tasca propria le spese di lavaggio delle divise
Corte di Cassazione Ordinanza n. 8152 del 27 marzo 2025
E’ stato accolto il ricorso di alcuni netturbini contro il datore per il risarcimento dei danni corrispondenti all'esborso sostenuto per il lavaggio delle divise. Come ha ribadito la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 8152 del 27 marzo 2025, grava sul datore l'obbligo di continua fornitura e mantenimento in stato di efficienza dei DPI, tra i quali rientra anche la divisa di lavoro, motivo per cui i lavoratori hanno quindi diritto ad essere rimborsati per le spese di lavanderia sostenute in proprio.
Sì all'attività investigativa verso i lavoratori anche se fondata su un mero sospetto
Corte di Cassazione Sentenza n. 8707 del 2 aprile 2025
Confermato il licenziamento per giusta causa del dipendente incastrato dai detective incaricati dal datore di lavoro mentre fa lunghe pause al bar. La Corte di Cassazione si è soffermata in particolare sull'attività investigativa svolta per conto del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti, stabilendo che essa è pienamente legittima laddove sussista anche il solo sospetto di condotte illecite suscettibili di rilievo penale o comunque idonee a raggirare il datore di lavoro e a lederne il patrimonio aziendale e la reputazione verso l'esterno.
Conciliazione sindacale: condizioni essenziali per la validità
Corte di Cassazione Ordinanza n. 9286 dell’8 aprile 2025
Con la controversia oggetto d’esame, relativa alla validità di un verbale di conciliazione sindacale contenente rinunce e transazioni su diritti del lavoratore previsti da norme inderogabili di legge o di contratto collettivo, la Corte di Cassazione ha affermato che l’inoppugnabilità dell’accordo è subordinata alla effettività dell’assistenza sindacale, da intendersi come concreta tutela dell’interesse del lavoratore, informato sui diritti oggetto di rinuncia e sull’entità della stessa.
In caso di transazione, è inoltre necessario che dall’accordo risultino la questione controversa oggetto della lite e le reciproche concessioni ex art. 1965 c.c. .
Ai fini della validità, assume rilievo anche la sede della conciliazione, che deve essere effettivamente “protetta” e dunque estranea all’ambito aziendale, per garantire la libertà di autodeterminazione del lavoratore.
Licenziato per giusta causa il lavoratore che nel tempo libero adescava minori sui social
Corte di Cassazione Ordinanza n. 11098 del 28 aprile 2025
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Giudice di secondo grado, ritenendo sussistente la giusta causa di licenziamento del ricorrente in presenza di una grave lesione del vincolo fiduciario col datore di lavoro.
Tale lesione era riconducibile alla condotta extralavorativa del dipendente, il quale era stato ritenuto responsabile (seppur non ancora definitivamente in sede penale) di condotte pedopornografiche attraverso l’utilizzo dei social. Una tale condotta, secondo i Giudici, si rivela contraria al c.d. minimo etico, scuotendo irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro e conducendo al licenziamento del lavoratore.
Il datore deve evitare che si verifichino situazioni stressogene nell’ambiente lavorativo
Corte di Cassazione. Ordinanza n. 10730 del 23.04.2025,
Il datore di lavoro, per evitare di incorrere in una responsabilità per violazione dell’art. 2087 c.c., deve evitare situazioni stressogene che diano origine ad una frustrazione personale o professionale del dipendente.
Una lavoratrice era ricorsa giudizialmente nei confronti dell’Ente datore al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito delle condotte mobbizzanti subite. A fondamento della predetta domanda, la medesima deduce, da un lato, una totale indifferenza mostrata da parte datoriale verso la sua condizione psicofisica e, dall’altro, un intollerabile sovraccarico di lavoro non supportato da adeguata formazione.
La Cassazione pur non riconoscendo una situazione di mobbing per l'insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare la pluralità dei comportamenti pregiudizievoli, ha ritenuto può essere ravvisabile la violazione dell'art. 2087 с.с.
Questo accade, nel caso in cui il datore consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori ovvero ponga in essere comportamenti, anche in sé non illegittimi, ma tali da poter indurre disagi o stress nei propri dipendenti.
In tal caso grava sul dipendente l'onere della prova della sussistenza del danno e del nesso causale tra l'ambiente di lavoro e il danno, mentre grava sul datore l'onere di provare di aver adottato tutte le misure necessarie a prevenirlo.