La novità normativa
Come si ricorderà, l’art. 19 del Collegato Lavoro ha introdotto una norma che riconosce la possibilità che il rapporto di lavoro si concluda per effetto delle cosiddette dimissioni per fatti concludenti (o dimissioni implicite).
La norma prevede che: “In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore…”
La circolare ministeriale ribadisce che questo effetto risolutivo non è automatico, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prendere atto del presunto disinteresse del lavoratore (conseguente alla prolungata assenza) alla prosecuzione del rapporto e si attivi di conseguenza seguendo la procedura prevista dalla norma. In questo senso la comunicazione all’ITL da parte del datore di lavoro, nel rispetto delle regole introdotte dall’art. 19, diventa l’elemento indispensabile perché la cessazione del rapporto di lavoro sia valida.
I termini
La legge prevede che l’assenza debba essere superiore a 15 giorni che, secondo il Ministero,
- sono da intendersi come giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro.
- non possono essere in nessun caso essere ridotti dalla contrattazione collettiva
Quindi non sono utilizzabili i termini previsti dai Ccnl per contestare l’assenza ingiustificata per poi comminare il licenziamento. Eventualmente in sede di rinnovo i Ccnl potranno prevedere termini superiori a 15 giorni.
La procedura
A partire dal 16° giorno successivo all’inizio dell’assenza il datore di lavoro può inviare (meglio via pec) la comunicazione con la quale considera cessato il rapporto di lavoro all’ITL utilizzando un modello già predisposto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (vedi sotto). Il Ministero spiega che la comunicazione all’Itl può essere effettuata anche in un momento successivo.
La data della suddetta comunicazione opera come giorno dal quale decorre il termine di cinque giorni previsto per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV.
La comunicazione va inviata alla sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro competente in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro.
Il datore di lavoro dovrà indicare tutti i contatti e i recapiti forniti dal lavoratore e trasmettere la comunicazione inviata all’Ispettorato territoriale, anche al lavoratore, per consentirgli di esercitare in via effettiva il diritto di difesa previsto dall’articolo 24 della Costituzione.
Va sottolineato questo ultimo passaggio dell’obbligo di trasmissione della comunicazione anche al dipendente perché il Ministero, forse accorgendosi di una falla legislativa, introduce un adempimento non previsto nel dettato normativo originario.
La cessazione del rapporto deve essere comunicata col modulo Unilav e non potrà comunque essere antecedente alla data di comunicazione dell’assenza del lavoratore all’Itl e dello stesso Unilav.
Riepilogando, dopo 15 di assenza il datore di lavoro:
- Effettua la comunicazione all’Itl.
- Invia la stessa comunicazione al lavoratore. Considerato che il modello di comunicazione non contiene esplicitamente l’indicazione del giorno della cessazione, si consiglia di allegare anche la Co, se effettuata contestualmente, o di indicare la data della cessazione.
- Effettua la comunicazione obbligatoria (nei consueti termini di 5 giorni).
Nota bene
Nel periodo di assenza il datore di lavoro non è tenuto al versamento della retribuzione e dei relativi contributi e può trattenere l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.
Le verifiche dell’Ispettorato del lavoro e l’annullamento della cessazione
Qualora il lavoratore effettivamente provi di non essere stato in grado di comunicare i motivi dell’assenza, così come nell’ipotesi in cui l’Ispettorato accerti autonomamente la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, non si applica l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro previsto e la comunicazione di cessazione resterà priva di effetti.
Il Ministero mette anche sull’avviso in merito a un utilizzo spregiudicato del nuovo istituto: il datore di lavoro, a seguito degli accertamenti ispettivi, potrebbe essere ritenuto responsabile, anche penalmente, per falsità delle comunicazioni rese all’Ispettorato territoriale.
La compatibilità con il procedimento disciplinare
Sull’intreccio tra dimissioni per fatti concludenti e licenziamento disciplinare, la circolare ha un passaggio importante che riportiamo integralmente.
Infine, diversi contratti collettivi riconducono ad un’assenza ingiustificata protratta nel tempo – di durata variabile, anche inferiore ai quindici giorni previsti dall’articolo 19 in esame – conseguenze di tipo disciplinare, consentendo al datore di procedere al licenziamento, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. In tali ipotesi, viene quindi attivata la procedura di garanzia prevista dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300). È da ritenersi che le previsioni contrattuali in materia debbano essere considerate un corpus unico per cui, laddove il datore intenda procedere ad una risoluzione del rapporto al verificarsi della condizione prevista dal contratto (l’assenza protratta per la durata determinata dallo stesso CCNL), dovrà seguire il percorso delineato dal CCNL – del tutto alternativo a quello previsto dall’articolo 19 in commento – e attivare dunque la procedura di cui all’articolo 7 della legge n. 300/1970.
Resta ferma la facoltà dei CCNL di disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, stabilendo un termine diverso – e più favorevole – da quello fissato dalla norma per ricondurre all’assenza ingiustificata l’effetto risolutivo del rapporto.
L’affermazione evidenziata sopra prevede l’alternatività delle procedure, ma non chiarisce se sia possibile avviare la procedura disciplinare e poi, trascorsi 15 giorni, cessare il rapporto di lavoro per fatti concludenti.
Al momento non sembrano esserci indicazioni normative contrarie alla possibilità per il datore di lavoro di attivare comunque la procedura disciplinare sia per dare prova di correttezza nei confronti del lavoratore (ovviamente la controindicazione è che il lavoratore è messo sull’avviso e può attuare comportamenti opportunistici) che per avere la libertà di utilizzare la norma in esame invece di quella di cui al comma 7bis.
Se si vuole attivare la procedura di licenziamento, ma poi si opta per le dimissioni per fatti concludenti è necessario valutare i tempi in quanto i contratti collettivi, in genere, prevedono i termini per comminare i provvedimenti. Nella scheda ne riportiamo alcuni riferiti ai principali ccnl cooperativi.
Ccnl
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Termini per comunicare provvedimento disciplinare
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Cooperative e consorzi agricoli
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30 giorni da ricezione contestazione o da scadenza termine per giustificazioni (5 giorni)
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Cooperative di trasformazione
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30 giorni…
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Forestali
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Non previsto
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Cooperative sociali
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10 giorni da ricezione delle giustificazioni …
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Pulizie e multiservizi
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15 giorni lavorativi dalle giustificazioni…
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Trasporto merci e logistica
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20 giorni da scadenza termine per giustificazioni (10 giorni)
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Cooperative distribuzione cooperativa
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21 giorni…
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Fattispecie escluse
La procedura delle dimissioni per fatti concludenti non può essere applicata nei casi previsti dall’articolo 55 del Dlgs n. 151/2001, che prevede la convalida obbligatoria (con effetto sospensivo dell’efficacia) della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e delle dimissioni presentate:
- dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
- dalla lavoratrice madre o dal lavoratore padre durante i primi 3 anni di vita del bambino o nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi 3 anni decorrenti dalle comunicazioni della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.
Si tratta, infatti, di una normativa a carattere speciale, diretta a tutelare in modo più rigoroso le categorie di
lavoratrici e lavoratori che si trovano in una situazione di maggiore vulnerabilità. Le relative previsioni - imponendo un procedimento obbligato dinanzi all’Ispettorato anche per le dimissioni espresse - non consentono, pertanto, l’applicazione delle presunzioni di cui all’articolo 19 in esame, che regola le c.d. dimissioni implicite.