Norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro (articolo 1)
L’articolo 1 è intervenuto su alcuni articoli del Testo Unico per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Dlgs. 81/2008). Riportiamo le novità con un breve commento
- Articolo 41 comma 2 lettera a). Viene ora chiarito che la visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica può essere effettuata anche in fase preassuntiva.
- Lettera e-ter. In questo caso l’effettuazione della visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai 60 giorni continuativi non è più obbligatoriamente automatica, ma è rimessa alla valutazione del medico competente. Qualora il medico non ritenga necessario procedere alla visita, dovrà esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
La norma ha sicuramente la necessità di un chiarimento perché, a una prima lettura, apparirebbe logico che il medico, per accertare l’idoneità dovesse continuare ad effettuare una visita.
- Comma 2bis. Il testo del comma è stato sostituito e prevede due importanti novità. In primo luogo, con il nuovo testo viene eliminata la possibilità che il datore di lavoro possa affidare le visite mediche preventive ai dipartimenti di prevenzione delle Asl. Tali visite sono ora di competenza esclusiva del medico aziendale del lavoro.
Secondariamente si prevede che il medico competente, nella prescrizione di esami ritenuti necessari in sede di visita preventiva, può tener conto delle risultanze dei medesimi esami e indagini già effettuati dal lavoratore e risultanti dalla copia della cartella sanitaria e di rischio.
- Comma 9. Contro i giudizi del medico competente sarà possibile rivolgersi all’azienda sanitaria territoriale. Il vecchio testo prevedeva la competenza dell’organo di vigilanza che, a dire il vero, quasi sempre era costituito in seno alle ASL.
- Articolo 65 commi 2 e 3. L’articolo riguarda la deroga al divieto di destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
Con la sostituzione dei commi 2 e 3 tale deroga è consentita quando le lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettati i requisiti di cui all’allegato IV, in quanto applicabili, e le idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima. In precedenza, la condizione era semplicemente l’ultima in merito alle condizioni di aereazione ecc.
L’utilizzo dei locali sarà possibile soltanto trascorsi 30 giorni dalla comunicazione, tramite posta elettronica certificata, all’Itl competente l’uso dei locali stessi allegando adeguata documentazione, individuata con apposita circolare dell’INL, che dimostri il rispetto dei requisiti di cui al comma 2.
Qualora l’Itl richieda ulteriori informazioni, l’utilizzo dei locali è consentito trascorsi 30 giorni dalla comunicazione delle ulteriori informazioni richieste, salvo espresso divieto da parte dell’ufficio medesimo.
Sospensione della prestazione di cassa integrazione (articolo 6)
È stato sostituito l’articolo 8 del Dlgs 148/2015 (anche con la rinumerazione dei commi) relativo alla compatibilità dei trattamenti di integrazione salariale con lo svolgimento di attività lavorativa.
Con l’approvazione della modifica nei casi di lavoro subordinato o autonomo non comporta la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo, ma la riduzione dell’ammortizzatore per le sole giornate di attività lavorativa.
In precedenza, in caso di contratto a termine di durata inferiore a 6 mesi scattava la perdita del trattamento di integrazione per l’intero periodo.
Appare in questo modo sanata una palese ingiustizia, rilevata anche dalla Cassazione, e conseguentemente si favorisce l’occupazione dei lavoratori sospesi.
Somministrazione di lavoro (articolo 10)
Sono stati operati alcuni significativi interventi sugli articoli 31 e 34 del Dlgs 81/2015.
In primo luogo, è stata abrogata la disposizione dell’articolo 31 in base alla quale, in caso di contratto di somministrazione tra agenzia e utilizzatore sia a tempo determinato, l'utilizzatore poteva impiegare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, i lavoratori assunti a tempo indeterminato dall'agenzia di somministrazione senza che ciò derivasse in capo all'utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. Va evidenziato che la disposizione sarebbe comunque scaduta il 30-6-2025 [*nota1].
Il secondo intervento riguarda l’ampliamento delle casistiche di contatti di somministrazione a tempo determinato esclusi dai limiti quantitativi stabiliti dalla legge o dai contratti collettivi. Risultano ora non computabili i contratti di somministrazione:
a) conclusi ai sensi dell’articolo 23, comma 2 [*nota2]
b) riguardanti lavoratori iscritti nelle liste di mobilità di cui all'articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (articolo peraltro abrogato dalla Legge 92/2012);
c) attivati con soggetti assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato, (si tratta di un parziale recupero della disposizione abrogata dell’articolo 32);
d) attivati con soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
e) riguardanti lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell'articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Le situazioni di cui alle lettere a) e c) sono state introdotte dal Collegato.
In caso di impiego con contratto a termine da parte dell’agenzia di somministrazione di
- persone disoccupate che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali
- lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17-6-2014, come individuati con il decreto del Ministro del lavoro di cui all’articolo 31 comma 2 dello stesso Dlgs 81
non operano le condizioni previste dall’articolo 19 comma 1 del Dlgs 81. Si tratta del limite di durata ai contratti a tempo determinato di 12 mesi aumentabile a 24 alle condizioni previste dallo stesso comma.
Lavoro a tempo determinato (articolo 11)
Il legislatore ha introdotto una norma di interpretazione autentica, quindi con efficacia retroattiva, dell’articolo 21 comma 2 [*nota3]
(secondo periodo) del Dlgs 81/2015 in materia di attività stagionali.
Si stabilisce, infatti, che rientrano nelle attività stagionali oltre a quelle indicate dal Dpr 1525/1963, le attività organizzate per fare fronte
- a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno
- a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa,
secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore nella presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’articolo 51 del Dlgs n. 81/2015.
In pratica, dopo alcune sentenze [*nota4] che volevano circoscrivere queste attività strettamente ai cicli stagionali della natura, il concetto è notevolmente ampliato.
La fonte della definizione di stagionalità rimane ancorata ai contratti collettivi (come già previsto dal comma 2) non soltanto nazionali visto il richiamo all’articolo 51 dello stesso Dlgs 81.
Durata del periodo di prova nei rapporti a tempo determinato (articolo 13)
La norma pone rimedio a un problema creato dall’articolo 7 comma 2 [*nota5] del Dlgs 104/2022 che ha disciplinato il periodo di prova.
Il comma in esame prevede che nei rapporti di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova debba essere stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere.
La norma ha creato problemi applicativi che hanno portato all’adozione di varie soluzioni tutte potenzialmente esposte a contestazioni.
L’articolo 13 prevede ora che:
a) In primo luogo, valgano le disposizioni della contrattazione collettiva.
b) In mancanza di previsione contrattuale, oppure se questa fosse meno favorevole (al lavoratore), il periodo di prova sarà di 1 giorno di effettivo lavoro ogni 15 giorni di calendario di durata del rapporto di lavoro.
c) Il periodo di prova non può essere inferiore a 2 giorni né superiore a 15 giorni, per i rapporti di lavoro fino a 6 mesi e di 30 giorni per quelli oltre 6 mesi e fino a 12.
Ad oggi, nella quasi totalità dei Ccnl non sono previste regole specifiche sul periodo di prova per i contratti a termine. Pertanto dalle prossime assunzioni i datori di lavoro dovranno adottare le previsioni appena illustrate.
Non è stata modificata l’ultima disposizione del comma 2: in caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.
Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile (articolo 14)
L’intervento è avvenuto sull’articolo 23 comma 1 primo periodo della Legge 81/2017 all’obbligo di comunicazione dei nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile.
Ora è previsto che le C.O. siano effettuate entro 5 giorni dall’avvio del lavoro agile oppure entro i 5 giorni successivi alla data di modifica o di cessazione del periodo di lavoro agile. E’ evidente che si tratta di un allineamento rispetto alle altre C.O. di modifica della prestazione.
Dimissioni per fatti concludenti (articolo 19)
Per porre rimedio alle situazioni di abuso in cui i lavoratori si assentano ingiustificatamente per essere licenziati e godere della Naspi, è stato introdotto il comma 7bis nell’articolo 26 del Dlgs 151/2015.
In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal Ccnl applicato o, in mancanza, superiore a 15 giorni, il datore di lavoro ne può dare comunicazione all’Itl, che può verificarne la veridicità e il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore.
In questo caso non si applica la disciplina relativa all’obbligo di dimissioni per via telematica.
Queste disposizioni non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.
Si tratta di una disposizione da tempo annunciata e attesa anche se si può prestare a ulteriore vertenzialità in caso di vere o presunte cause di forza maggiore. Attendiamo le indicazioni applicative che, immaginiamo, saranno fornite con circolare da parte del Ministero.
Conciliazioni in materia di lavoro (articolo 20)
L’articolo 20 dispone che i procedimenti di conciliazione in materia di lavoro previsti dagli articoli 410, 411 e 412ter del codice di procedura civile possono svolgersi in modalità telematica e mediante collegamenti audiovisivi.
L’innovazione entrerà in vigore soltanto dopo l’emanazione, entro 12 mesi, di un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro della giustizia, contenete le regole tecniche per l’adozione delle tecnologie dell’informazione della comunicazione nei procedimenti.
Dilazione del pagamento dei debiti contributivi (articolo 23)
Con l’inserimento del comma 11bis nell’articolo 2 del Dl 338/1989 si prevede che, dall’1-1-2025, l’Inps e l’Inail possano consentire il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi e accessori di legge a essi dovuti, non affidati per il recupero agli agenti della riscossione, fino un massimo di 60 rate mensili.
Sarà un decreto del Ministro del lavoro da emanare entro 60 giorni a individuare le modalità operative.
La normativa ancora vigente prevede che le rateazioni superiori a 12 mesi siano disposte con provvedimento motivato mentre non sono consentite per ciascun debito, complessivamente, rateazioni superiori a 24 mesi. Solo in casi eccezionali e previa autorizzazione del Ministro del lavoro possono essere consentite rateazioni fino a 36 mesi.
Conseguentemente, dall’1-1-2025, il comma 17 dell’articolo 116 della 388/2000 (che prevede rateazioni fino a 60 mesi in caso di oggettive incertezze e crisi aziendali) non è più applicabile a Inps e Inail.
NOTE
- [*nota1]: Ricordiamo che la norma era stata introdotta, in piena emergenza pandemica, con l’art. 8 del D.L. 14.08.2020 n.104 (cosiddetto Decreto Agosto) e più volte prorogata con successivi decreti.
- [*nota2] Si tratta dei contratti a tempo determinato conclusi:
a) nella fase di avvio di nuove attività;
b) da imprese start-up innovative di cui all'articolo 25, commi 2 e 3, del Dl n. 179/2012;
c) per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all'articolo 21, comma 2 del Dlgs 81/2015;
d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
e) per sostituzione di lavoratori assenti;
f) con lavoratori di età superiore a 50 anni.
- [*nota3] 2. …. Le disposizioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi. Fino all'adozione del decreto di cui al secondo periodo continuano a trovare applicazione le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525
- [*nota4] Si veda ad esempio la sentenza della Cassazione n. 9243 del 4.4.2023
- [*nota5] 2. Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell'impiego. Fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi. In caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.