Le recenti modifiche al Testo unico della salute e della sicurezza 81/2008, introdotte con il Dl 146/2021, convertito con modifiche dalla legge 215/2021, hanno reso ancora più centrale e strategica la figura del preposto ai fini della prevenzione degli infortuni di lavoro e delle malattie professionali.
Va precisato che tale figura coincide normalmente in genere, con i capi reparto, i capi squadra, i capi cantiere. Ai preposti il legislatore ha attribuito una delicata funzione di vigilanza attiva, connessa al sovraintendimento delle attività lavorative, che proprio a seguito del Dl 146/2021 è stata ulteriormente specificata in ordine ai profili riguardanti i compiti d’intervento e d’interruzione delle attività in presenza di pericoli riconducibili sia alla condotta del lavoratore, sia esistenti all’interno dell’ambiente di lavoro.
Già molto prima del DL 146 gli indirizzi interpretativi espressi dalla Cassazione sull’articolo 19 del Dlgs 81/2008, (che disciplina gli obblighi del preposto), in più occasioni, hanno individuato nel preposto un «gestore del rischio» al pari, quindi, del datore di lavoro e del dirigente, con il dovere specifico di dare ai lavoratori ordini e istruzioni che ne garantiscano, in ogni momento, anche l’incolumità fino a dover interrompere lo stesso processo di lavorativo, ricadente nella sua sfera di competenza, qualora sussistano delle situazioni di pericolo.
La vicenda giudicata dalla Cassazione riguarda un operaio deceduto a seguito della caduta da un’altezza di circa dieci metri all’interno di un cantiere in cui erano in corso lavori di rimozione di lastre di eternit poste a copertura dei capannoni industriali.
Sia il Tribunale, sia la Corte d’appello di Brescia hanno ritenuto responsabile dell’infortunio il capocantiere del reato di omicidio colposo con violazione delle norme antinfortunistiche (articolo 589 del codice penale), condannandolo alla pena di due anni e sei mesi di reclusione.
Secondo i giudici l’imputato nella sua qualità di capocantiere e, quindi, di preposto era tenuto a osservare i citati obblighi e, in particolare, quelli previsti dall’articolo 19 Dlgs 81/2008, nonché dagli articoli 111, 115 e 148 dello stesso decreto finalizzati alla prevenzione delle cadute dall’alto.
Il capocantiere ha proposto ricorso per cassazione, facendo presente che non ricopriva la qualità di preposto; tuttavia, i giudici di legittimità hanno rispinto il ricorso ritenendolo infondato, facendo rilevare, in primo luogo, che erano stati accertati numerosi elementi probatori che dimostravano che l’imputato ricopriva tale posizione di garanzia, tra cui il sovraintendimento sullo svolgimento delle attività lavorative all’interno del cantiere.
Si tratta, quindi, di un elemento che continua a essere decisivo ai fini dell’attribuzione della qualifica di preposto, che può essere assunta anche di fatto, quindi, senza una formale investitura.
Inoltre, rilevano ancora i giudici, è stato anche accertato che il preposto aveva fatto proseguire i lavori, in condizioni di pericolo per l’assenza di presidi di sicurezza, fino al verificarsi del sinistro, nonostante il giorno precedente fosse stato informato verbalmente dal responsabile per la sicurezza del cantiere della necessità di sospendere i lavori, stante l’assenza di idonee misure di sicurezza contro la caduta dall’alto.
Pertanto, il capocantiere nella sua attività di vigilanza, pure avendo ricevuto una specifica informazione sui gravi rischi cui erano esposti i lavoratori, avrebbe dovuto intervenire e, come gli era stato indicato, interrompere immediatamente le lavorazioni, cosa che invece egli non ha fatto.
Si osservi, infine, che i fatti risalgono a prima dell’entrata in vigore del Dl 146/2021, ma, come si può agevolmente rilevare, come già accennato i giudici già davano degli obblighi del preposto contenuti nell’articolo 19 del Dlgs 81/2008 questa precisa interpretazione che, invero, oggi acquista una valenza ancora maggiore.