Contratti a termine dopo il Decreto Lavoro. I chiarimenti del Ministero del Lavoro

Contratti a termine dopo il Decreto Lavoro. I chiarimenti del Ministero del Lavoro

Ministero del Lavoro. Circolare n. 9 del 9 ottobre 2023.

 

Dopo oltre tre mesi dalla conversione in legge del cosiddetto Decreto Lavoro (Decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48) il Ministero del Lavoro pubblica l’attesa circolare esplicativa riguardante la revisione delle norme sul contratto termine contenute nel Capo III del D.lgs. 81/2025

martedì 17 ottobre 2023

La norma valutata dal Ministero è ovviamente l’articolo 24, che ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a termine riguardo:

  1. la formulazione, completamente nuova, delle causali dell’art. 19 co. 1 del D.lgs. 81/2015;
  2. l’equiparazione del rinnovo alla proroga agli effetti del prolungamento senza causale nei primi 12 mesi del contratto a termine (comma 01 dell’articolo 21 del D.lgs. 81/2015);
  3. la neutralizzazione dei periodi relativi a contratti a termine stipulati prima del 5 maggio 2023 ai fini della possibilità di stipulare nuovi contratti a termine senza causale dopo tale data;
  4. nuove regole per i contratti di somministrazione a tempo indeterminato.

 

Vediamo quindi nel dettaglio gli indirizzi forniti dalla circolare n. 9, premettendo che non verrà trattata la parte sui contratti di somministrazione.

 

Contratti a termine. La normativa invariata

Il Ministero evidenzia, in prima battuta, che il decreto-legge n. 48 del 2023 ha lasciato inalterato il limite massimo di durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato che possono intercorrere tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, che resta fissato in ventiquattro mesi, fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi (nazionali, territoriali e aziendali) e la possibilità di un’ulteriore stipula di un contratto a tempo determinato, della durata massima di dodici mesi, presso la sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 19.

Non ha, altresì, subìto variazioni il numero massimo di proroghe consentite – sempre quattro nell’arco temporale di ventiquattro mesi – e il regime delle interruzioni tra un contratto di lavoro e l’altro (c.d. stop and go).

 

Le nuove causali

Il decreto-legge n. 48 ha invece modificato le specifiche condizioni che possono legittimare l’apposizione del termine al contratto di lavoro.

Le nuove causali per i contratti di durata superiore ai 12 mesi sono riconducibili alle seguenti casistiche : 

a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 51; 

b) in assenza delle  previsioni  di  cui  alla  lettera  a),  nei contratti collettivi applicati in azienda, e  comunque  entro  il  30 aprile  2024,  per  esigenze  di  natura  tecnica,  organizzativa   o produttiva individuate dalle parti;

b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.

 

Le causali individuate dalla contrattazione collettiva (lettera a)

La nuova lettera a) introdotta al comma 1 riafferma la prerogativa, già in precedenza riconosciuta alla contrattazione collettiva, di individuare le esigenze/motivazioni per cui si ricorre al termine, purché ciò avvenga ad opera dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

 

Le esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva (lettera b)

La nuova lettera b) introduce la possibilità che datore di lavoro e lavoratore - in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi - possano individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro.

Tuttavia, le parti individuali possono avvalersi solo temporaneamente di tale possibilità, entro la data del 30 aprile 2024. In questo modo il legislatore dà il tempo alle Parti sociali di adeguare alla nuova disciplina i contratti collettivi. Tale data è da intendersi come riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024.

 

Rispetto alle causali di natura tecnica, organizzativa e produttiva il Ministero del Lavoro si propone di chiarire il dubbio emerso fin da subito tra gli addetti ai lavori rispetto a quanto si trova già scritto nei contratti collettivi in vigore. Per far questo distingue tre situazioni.

  1. Quando nei contratti collettivi sia tuttora presente un mero rinvio alle fattispecie legali introdotte dal Decreto Dignità (Decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87), le stesse potranno ritenersi implicitamente superate dalla nuova disciplina con conseguente possibilità di ricorso ai contratti collettivi applicati in azienda o, fino al 30 aprile 2024, lasciando alle parti individuali alla identificazione della causale.
  2. Qualora nei contratti collettivi siano presenti causali introdotte in attuazione della lettera b-bis, del previgente articolo 19, comma 1, data la sostanziale identità di tale previsione con le specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 di cui al nuovo articolo 19, comma 1, lett. a), si ritiene che le suddette condizioni potranno continuare a essere utilizzate per il periodo di vigenza del contratto collettivo.
  3. Restano utilizzabili le causali introdotte da qualsiasi livello della contrattazione collettiva che individuino concrete condizioni per il ricorso al contratto a termine, purché non si limitino ad un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina, ormai superata dalla riforma in esame. In questo modo sembra confermarsi quanto scritto nella circolare ICN n. 87/23 in riferimento a quei Ccnl che avessero mantenuto le causali normate prima del Dlgs 81/2015 (in particolare quelle individuate a partire dal Dlgs 368/2001).

 

Quindi nei casi 2) e 3) le causali non potranno essere individuate dai contratti individuali.

 

Occorre anche segnalare che in passato la declinazione delle causali di natura tecnica, organizzativa e produttiva ha portato a un notevole contenzioso. È quindi necessario prestare grande attenzione a questo aspetto.

 

Le esigenze sostitutive

La nuova lettera b-bis) riconferma la possibilità per il datore di lavoro, già prevista in precedenza, di far ricorso al contratto di lavoro a termine quando abbia la necessità di sostituire altri lavoratori.

Resta  fermo l’onere per il datore di lavoro di precisare nel contratto le ragioni concrete ed effettive della sostituzione a maggior ragione necessaria nelle ipotesi in cui il datore di lavoro intenda avvalersi dei benefici previsti dalla legge per specifiche ipotesi di assunzione per sostituzione.

 

Equiparazione dei rinnovi alle proroghe nei primi dodici mesi

Il comma 1-bis dell’articolo 24 del Decreto Lavoro ha modificato il comma 01 dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 81 del 2015 determinando che, oltre alle proroghe, anche i rinnovi, intervenuti nei primi dodici mesi, possono adesso utilizzati per “prolungare” il rapporto a termine senza specificare alcuna condizione rimanendo l’obbligo delle causali dell’articolo 19, comma 1, per eventuali periodi successivi ai dodici mesi.

È importante ricordare che, nel caso di rinnovo, la mancata applicazione della regola del cd. stop and go determina la trasformazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato. Analogo effetto si produce se proroga o rinnovo determinano un prolungamento del contratto oltre i 12 mesi.

 

La neutralizzazione dei periodi relativi a contratti di lavoro stipulati prima del 5 maggio 2023

Un’altra importante novità in tema di contratti a termine è stata introdotta dal comma 1-ter, aggiunto al testo originario dell’articolo 24 in sede di conversione del decreto-legge.

La disposizione prevede che, ai fini del raggiungimento del limite massimo di dodici mesi (previsto sia dall’articolo 19, comma 1, sia dall’articolo 21, comma 01 del d.lgs. n. 81 del 2015), si tiene conto unicamente dei contratti di lavoro stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del d.l. n. 48/23.

Conseguentemente, eventuali rapporti di lavoro a termine intercorsi tra le medesime parti in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023 non concorrono al raggiungimento del termine di dodici mesi entro il quale viene consentito liberamente il ricorso al contratto di lavoro a termine (anche se il contratto prosegue dopo tale data).

In pratica, a decorrere dal 5 maggio 2023 i datori di lavoro potranno liberamente fare ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo (massimo) di dodici mesi, senza necessità di ricorrere alle causali dell’articolo 19, comma 1, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023, ferma restando la durata massima dei contratti a tempo determinato prevista dalla legge (24 mesi) o dalla contrattazione collettiva.

 

Per una maggiore comprensione la circolare propone i seguenti esempi.

  1. Un contratto di lavoro a termine instaurato prima del 5 maggio è venuto a scadenza successivamente a tale data. Lo stesso contratto, in virtù della disposizione entrata in vigore il 4 luglio 2023, potrà essere rinnovato o prorogato “liberamente” per ulteriori dodici mesi.
  2. Le parti, nel periodo intercorrente tra il 5 maggio 2023 e il 4 luglio 2023 - data di entrata in vigore del comma 1-ter – hanno già rinnovato o prorogato un rapporto di lavoro a termine per sei mesi magari ricorrendo a un rinnovo (o una proroga) con la causale.Quella che si realizza è una specie di sanatoria: le parti individuali che, non potendo conoscere la norma sulla neutralizzazione dei periodi (introdotta solo il 4 luglioin sede di conversione), avessero stipulato un rinnovo (o una proroga) verosimilmente applicando una causale “avranno la possibilità di fare ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo non superiore a sei mesi “senza condizioni”.

 

Un’altra importante precisazione sul comma 1-ter dell’articolo 24 riguarda l’espressione “contratti stipulati”. Essa, secondo il Ministero del Lavoro, “è riferita sia ai rinnovi di precedenti contratti di lavoro a termine sia alle proroghe di contratti già in essere”; interpretazione coerente con il nuovo testo del comma 01 dell’articolo 21 del d.lgs. n. 81 del 2015 ove è stato sostanzialmente uniformato il regime delle proroghe e dei rinnovi nei primi dodici mesi del rapporto di lavoro a termine.

Il Ministero, dunque, fornisce una risposta ad uno dei dubbi che ci si era posti. Purtroppo, non è detto che la magistratura sia dello stesso parere.

 

Un altro aspetto di incertezza riguardava il computo del limite di 24 mesi. Riteniamo che i periodi fino al 4 maggio rientrino nel conteggio dei 24 mesi considerato che la deroga riguarda esclusivamente il computo del termine di dodici mesi previsto dall’articolo 19, comma 1, e dall’articolo 21, comma 01. La circolare n. 9 non ha affrontato esplicitamente il tema.