Giurisprudenza del lavoro

Giurisprudenza del lavoro

Riportiamo alcune recenti pronunce in materia di giurisprudenza del lavoro

martedì 27 giugno 2023

Insulti al collega tramite mail: reato di diffamazione

Corte di Cassazione Sentenza n. 22631 del 24 maggio 2023

 

La Corte di Cassazione conferma la sussistenza del reato di diffamazione a carico di chi insulta il collega tramite messaggi di posta elettronica. Nella sentenza, viene chiarita la differenza tra ingiuria e diffamazione allorché gli insulti vengano proferiti attraverso modalità telematiche: in questo senso, se l’offesa è nel contesto di una riunione a distanza tra più persone contestualmente collegate, compresa la persona offesa, ricorrerà l’ipotesi dell’ingiuria (fatto depenalizzato), mentre qualora rilevino comunicazioni, scritte o vocali, indirizzate all’offeso ma anche ad altre persone non contestualmente presenti, ricorrono i presupposti della diffamazione.

 

Obbligo di repêchage per inidoneità fisica solo parziale

Corte di Cassazione Ordinanza n. 15002 del 29 maggio 2023

 

Con l’Ordinanza in esame, la Cassazione condanna la cooperativa a reintegrare e risarcire la lavoratrice per averla licenziata in seguito all’inidoneità fisica affermata dall’Asl. Sulla base della consulenza tecnica d’ufficio che ritiene solo parziale la sopravvenuta inidoneità, si ritiene che la società non abbia adempiuto all’obbligo di repêchage, verificando possibili adattamenti organizzativi. Infatti, il datore non ha dato prova dell’impossibilità di adibire la dipendente ad altre mansioni compatibili con lo stato di salute, onde evitare l’extrema ratio del licenziamento.

 

Appalti considerato somministrazione illecita di manodopera. Effetti sulle imposte dirette

Corte di Cassazione. Sentenza n. 19595/2023

 

La Corte di Cassazione penale ha affermato che le fatture concernenti un contratto di appalto che nasconde una somministrazione illecita, riguardano operazioni soggettivamente inesistenti. La fittizietà dell’oggetto che consente la deduzione di costi altrimenti non deducibili, comporta la rilevanza del reato anche ai fini delle imposte dirette.